Trump voleva tagliare 2 miliardi di aiuti, la Corte Suprema lo ferma

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha recentemente respinto la richiesta del presidente Donald Trump di mantenere congelati quasi 2 miliardi di dollari in aiuti esteri già approvati dal Congresso. Questa decisione apre la strada al Dipartimento di Stato e all’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID) per riavviare i pagamenti sospesi.

Il Contesto

All’inizio del suo secondo mandato, il presidente Trump aveva deciso di azzerare il 92% dei finanziamenti destinati all’estero attraverso USAID, l’agenzia per lo sviluppo internazionale. Questa mossa ha suscitato preoccupazioni tra le organizzazioni non governative e i beneficiari dei programmi di assistenza, poiché molti progetti cruciali rischiavano di essere interrotti.

La Decisione della Corte Suprema

Con una decisione di stretta maggioranza, la Corte Suprema ha confermato l’ordine di un giudice federale che imponeva all’amministrazione di sbloccare i fondi destinati ai programmi di cooperazione già approvati. L’intervento della Corte garantisce che i contratti già firmati con USAID e il Dipartimento di Stato possano essere rispettati, evitando che progetti essenziali subiscano un’interruzione definitiva.

Le Reazioni

La sentenza è stata accolta con favore da organizzazioni umanitarie e operatori della cooperazione internazionale, che ora possono riprendere le attività previste nei Paesi destinatari degli aiuti. D’altra parte, chi sostiene politiche più restrittive in materia di spesa pubblica e intervento all’estero ha criticato la decisione, vedendola come un’interferenza del potere giudiziario nelle scelte dell’amministrazione.

Il Nostro Punto di Vista

Da chi lavora quotidianamente nel mondo del non profit e della cooperazione, questa vicenda ci sembra l’ennesima conferma di un dibattito che spesso si ripropone: ha ancora senso aiutare altri Paesi quando ci sono problemi da risolvere in casa propria?

La risposta è sì, e non solo per una questione etica, ma anche per un motivo strategico. Chiudersi in posizioni di isolamento e ridurre gli aiuti internazionali significa ignorare il fatto che il mondo è interconnesso. Crisi umanitarie, instabilità economica e cambiamenti climatici non hanno confini e, se non affrontati alla radice, finiscono per ripercuotersi ovunque. Aiutare chi è in difficoltà oggi non è solo un atto di solidarietà, ma anche un investimento nel futuro: significa costruire un mondo più stabile, con meno disuguaglianze e meno tensioni sociali.

La cooperazione internazionale non è un lusso, ma una necessità. Ridurre i fondi per l’aiuto allo sviluppo non risolve i problemi interni di un Paese, anzi, spesso li aggrava. Se c’è una lezione che la storia ci ha insegnato, è che nessuno può farcela da solo.

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