Sudan: la crisi invisibile che il mondo ignora

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Nel cuore dell’Africa si consuma ogni giorno una tragedia umanitaria che fatica a trovare spazio nei notiziari. Il Sudan è oggi teatro della crisi dimenticata più grave al mondo, eppure l’indifferenza globale continua a prevalere.

Dal 15 aprile 2023, il conflitto esploso tra le forze armate sudanesi e i gruppi paramilitari ha spinto oltre 12 milioni di persone ad abbandonare le proprie case. Quasi 4 milioni sono fuggiti oltre i confini, rifugiandosi in Paesi già sotto pressione come Egitto, Ciad e Sud Sudan. La metà di questi sfollati sono bambini. E la situazione continua a peggiorare.

A due anni dallo scoppio della guerra, le vittime civili sono più di 29mila, mentre le violazioni gravi sui minori sono cresciute del 480%. In un Paese in cui 24 milioni di persone soffrono la fame e 270mila non hanno accesso all’acqua potabile, la vita quotidiana è diventata una lotta per la sopravvivenza.

«Quando abbiamo finito i soldi, abbiamo smesso di lavarci e di lavare i vestiti», racconta Abu Hassan, fuggito da Tawilla con la moglie e i sei figli dopo aver camminato per 61 km senza acqua né cibo.

Ma in questo scenario disperato, c’è chi non ha mai smesso di esserci.

La risposta di COOPI: 60 anni accanto agli ultimi

COOPI – Cooperazione Internazionale – è una delle poche organizzazioni umanitarie ancora operative in Sudan, dove è presente dal 2004. Nel solo 2024 ha realizzato 10 progetti umanitari, raggiungendo quasi 150mila persone nelle aree più colpite del Paese: Nord Darfur, Gedaref, Khartoum, Nord e Nilo.

Il lavoro sul campo ha incluso distribuzione di beni essenziali come acqua potabile, kit per l’igiene, utensili da cucina e materiali per ripari temporanei. Nei distretti colpiti dalla carestia, come Mellit, COOPI ha lanciato programmi di sicurezza alimentare, distribuendo sementi, capre e risorse per la sussistenza, con un’attenzione particolare alle famiglie vulnerabili e guidate da donne.

«Abbiamo riorganizzato la nostra presenza nel Paese per rispondere meglio all’emergenza» – spiega Ennio Miccoli, Direttore di COOPI – «operando in contesti estremamente isolati e fragili, spesso dimenticati dall’opinione pubblica e dalle istituzioni internazionali».

La guerra (invisibile) che non finisce

Il Sudan non è l’unico scenario dimenticato. Secondo COOPI, nel 2024 sono attive oltre 50 guerre nel mondo. Nei primi tre mesi del 2025, si contano già 50mila vittime legate a conflitti armati. E mentre l’attenzione globale resta puntata su poche crisi “note”, più di 300 milioni di persone nel mondo necessitano oggi di aiuto umanitario.

Eppure, la risposta internazionale è insufficiente, sbilanciata, e spesso subordinata a interessi geopolitici.

60 anni al fianco delle comunità

Nel 2025 COOPI celebra 60 anni di attività. Fondata nel 1965, ha portato avanti oltre 3.000 progetti in 70 Paesi, sostenendo 125 milioni di persone grazie al lavoro di migliaia di operatori locali e internazionali. La sua forza sta nella presenza continua, anche nei territori dove le crisi sembrano non finire mai.

«Non siamo una presenza temporanea – sottolinea Miccoli – ma accompagniamo le comunità nel tempo. In Repubblica Democratica del Congo operiamo dal 1977, nella Repubblica Centrafricana da 51 anni. Il nostro impegno è costruire resilienza, un progetto alla volta».

Mentre il Sudan lotta per non sprofondare nell’oblio, storie come quella di Abu Hassan ci ricordano che non esistono crisi di serie B. Solo crisi che scegliamo di non guardare.

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