Registro Unico Terzo Settore: l’importanza per le associazioni culturali di trasformarsi in associazioni di promozione sociale

Simona-Lenzi

Simona Lenzi, Consulente Enti Terzo Settore presso Sigma Sas

L’argomento in questione mi sta particolarmente a cuore perché continuo a confrontarmi ogni giorno con associazioni soprattutto di piccole o piccolissime dimensioni che ignorano le conseguenze per la loro organizzazione dell’entrata in vigore del nuovo Codice del Terzo Settore.

Il più delle volte sono associazioni che si occupano di promuovere attività sociali e che quindi avrebbero tutte le carte in regola per essere associazioni di promozione sociale ma che, per qualche motivazione, spesso solo per casualità, hanno percorso la strada dell’associazione culturale senza quindi richiamare la “abroganda” Legge 383 del 2000 e senza prendere in considerazione neppure la nuova normativa dettata del Decreto Legislativo 117 del 2017.

Vorrei chiarire a queste associazioni che, il fatto che i loro proventi derivanti da attività nei confronti degli associati non siano tassati, non sta nel semplice fatto di essere un’associazione senza scopo di lucro, ma perché vi sono disposizioni normative che prevedono tale decommercializzazione.

E’ importante per tutte queste realtà leggersi ed impararsi a memoria l’art. 143 e l’art. 148 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (DPR 917/86), questi due articoli sono alla base della decommercializzazione dei proventi introitati dalle associazioni e dovranno essere applicati e rispettati pedissequamente per essere sicuri, o quasi,  che l’associazione non abbia in futuro qualche problema di carattere fiscale.

 

L’art. 143 riporta una serie di attività decommercializzate a cui tutti gli enti non commerciali possono fare riferimento:

1)   Tutte le prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 C.C. rese in conformità alle finalità istituzionali, senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione.

2)   Le raccolte di fondi pubblici purchè siano effettuate con occasionalità, con offerta di beni e servizi di modico valore in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione.

3)   I contributi derivanti da Convenzioni con le Pubbliche Amministrazioni purchè le attività erogate abbiamo finalità sociali ed esercitate in conformità ai fini istituzionali.

 

L’art. 148, invece, riserva ulteriori agevolazioni  sugli introiti degli enti di tipo associativo: Sono decommercializzate:

1)   Le quote associative.

2)   Le attività istituzionali svolte verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti dei propri associati (e di associati ad altre associazioni che fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale).

3)   Le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.

 

Il punto 2 e il punto 3 sono però riservati a tipologie specifiche di associazioni che l’art. 148 riporta nel dettaglio e cioè:

a) Associazioni politiche
b) Associazioni sindacali e di categoria
c) Associazioni religiose
d) Associazioni assistenziali
e) Associazioni culturali
f) Associazioni sportive dilettantistiche
g) Associazione di promozione sociale
h) Associazione di formazione extra scolastica della persona

 

Alle associazioni di promozione sociale, poi, vengono riservate altre due attività esentasse e cioè:

  • La somministrazione di alimenti e bevande effettuata da bar ed esercizi similari presso le sedi dove viene svolta l’attività istituzionale.
  • L’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici.

purchè  le attività di cui sopra siano svolte da associazioni le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno (Associazioni di Promozione Sociale di carattere nazionale es. ARCI, ACLI, ecc.)e purchè siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali.

 

Per completezza di informazione ricordo che per beneficiare della detassazione dell’art. 148, l’art. 30 della Legge 2 del 2009 ha istituito anche l’obbligo di invio di un modello di comunicazione denominato “EAS” da effettuarsi entro i 60 giorni dalla costituzione dell’ente ed entro il 31 marzo di ogni anno al variare, nell’anno solare precedente,  di determinate condizioni.

Fatta questa premessa, entro nel vivo della questione,  poiché con la pubblicazione del Codice del Terzo Settore quanto detto precedentemente è stato totalmente stravolto.

Con l’entrata in vigore della normativa fiscale, che avverrà con la piena operatività del Registro Unico del Terzo Settore e con l’’autorizzazione da parte della Commissione Europea, l’art. 143 e 148 saranno modificati come seguente.

Per tutti gli Enti Terzo Settore l’art. 143 si concluderà ai primi 2 commi e quindi non sarà più applicabile il comma 3 che riguarda le raccolte pubbliche e le convenzioni con la Pubblica Amministrazione (questo perché tali esenzioni sono state riprodotte più o meno uguali all’interno del Codice del Terzo Settore).

Ma l’articolo che sicuramente è da mettere sotto la lente di ingrandimento è sicuramente l’art. 148 in quanto non potrà essere più preso di riferimento dagli Enti Terzo Settore  che avranno  una disciplina fiscale elaborata ad hoc al titolo X del nuovo Codice, ma non potrà più essere preso di riferimento neppure da una serie di associazioni che il legislatore ha deciso di estromettere.

Infatti quando andremo a leggere il nuovo art. 148 comma 3 si troverà orfano di diverse associazioni quali:

a) Associazioni assistenziali
b) Associazioni culturali
c) Associazione di promozione sociale
d) Associazione di formazione extra scolastica della persona

 

Tutte associazioni che probabilmente,  cercando di entrare nella mente del legislatore,  si è pensato essere oggetto della Riforma del Terzo Settore e, quindi, tutte associazioni deputate all’iscrizione nel Registro Unico del Terzo Settore.

Per le Associazioni di Promozione Sociale (come per le Organizzazioni di Volontariato) l’iscrizione al Registro e di conseguenza l’adeguamento statutario alla nuova disciplina non è opzionale ma obbligatorio e potrà avvenire con modalità semplificata (con assemblea ordinaria) se effettuato entro il prossimo 31 maggio.

Per tutte le altre associazioni l’adeguamento non è obbligatorio ma, aggiungo io, fortemente consigliato. Per le associazioni culturali che svolgono attività nei confronti dei soci è da valutare non solo la strada dell’adeguamento statutario per diventare Ente Terzo Settore ma anche la possibilità di diventare associazione di promozione sociale.

Solo, infatti, con questo tipo di adeguamento si potrà ancora godere della defiscalizzazione dei corrispettivi specifici per le attività svolte nei confronti dei soci così come previsto dall’art 85 del CTS che replica quanto precedentemente previsto dal 148 del TUIR,  senza contare che già ad oggi le Associazioni di Promozione Sociale hanno notevoli agevolazioni  in tema di imposte indirette (es. l’esenzione da imposta di bollo) e di tributi locali (es. esenzione IMU).

Per non parlare dell’opportunità  di aderire al riparto del 5 per mille e alla possibilità di far detrarre/dedurre in capo al filantropo di turno le erogazioni liberali a loro destinate.


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