Impatto sociale: tutti ne parlano, pochi sanno davvero cos’è. È diventata una buzzword, una di quelle espressioni che fanno effetto in un pitch, nei bilanci delle ONG, nei bandi pubblici e nei post su LinkedIn. Ma dietro a queste due parole si nasconde una questione centrale per il presente e il futuro del Terzo Settore.
Se ti stai chiedendo “cos’è davvero l’impatto sociale?”, sei nel posto giusto. E no, non serve un master per capirlo.
L’impatto sociale è il cambiamento che un’attività genera nella vita delle persone, nelle comunità o nell’ambiente.
Non è lo sforzo, non è il numero di eventi organizzati, non è il budget speso: è il cambiamento reale che produci. È passare da fare cose a fare la differenza.
Se una cooperativa organizza corsi gratuiti per giovani NEET, non basta contare quanti partecipano. Bisogna chiedersi: Hanno trovato lavoro? Hanno acquisito fiducia? Hanno migliorato la loro vita?
Misurare l’impatto: sì, si può
E qui arriviamo al punto dolente: misurare l’impatto sociale non è semplice, ma è possibile. E necessario.
Non basta un bel video emozionale o qualche testimonianza. Serve metodo. Serve un approccio serio, anche se flessibile, che risponda a queste domande:
- Qual era il problema da affrontare?
- Quale cambiamento volevamo generare?
- Cosa è successo davvero?
- Come possiamo dimostrarlo?
Oggi esistono strumenti come la Theory of Change, il Social Return on Investment (SROI), i Bilanci di Impatto, le Valutazioni controfattuali. No, non servono sempre. Ma servono sempre a qualcosa: a capire, a correggere, a migliorare.
Ti interessa il non profit? Sei uno studente, un attivista, un cittadino attento? Allora l’impatto sociale ti riguarda eccome.
Per tre motivi semplici:
- Perché sei contribuente: e parte delle tue tasse finanzia progetti sociali. Vuoi che funzionino, no?
- Perché sei donatore o volontario: e vuoi sapere se il tuo tempo e i tuoi soldi servono davvero a qualcosa.
- Perché sei cittadino: e hai tutto il diritto di pretendere politiche pubbliche che creino cambiamento, non solo consenso.
E se lavori nel Terzo Settore, beh… non puoi permetterti di ignorare l’impatto. Non più. Non oggi.
Non confondere output e impatto
Un errore comune? Confondere output e impatto.
- Output: abbiamo formato 100 insegnanti.
- Impatto: gli studenti apprendono meglio grazie a quegli insegnanti.
- Output: abbiamo distribuito 2.000 pacchi alimentari.
- Impatto: le famiglie hanno migliorato la propria sicurezza alimentare e la dignità.
Gli output si contano, l’impatto si misura. E quando lo misuri bene, puoi comunicarlo meglio. Puoi convincere finanziatori, istituzioni, stakeholder. Puoi crescere.
No, non serve essere Emergency o Save the Children per misurare l’impatto sociale. Anche una piccola associazione di quartiere può farlo.
Osservando i cambiamenti nel tempo. Intervistando beneficiari, famiglie, partner. Con strumenti digitali semplici, anche gratuiti.
Inizia in piccolo, ma inizia. Racconta storie, sì, ma con dati, risultati, effetti concreti. Perché oggi, chi sa raccontare l’impatto, ha più fiducia, più fondi, più futuro.
Fare bene non basta, serve anche dimostrarlo
Il Terzo Settore ha sempre fatto tanto. Ma oggi non basta più fare il bene, bisogna anche dimostrarlo. E misurarlo. E migliorarlo.
L’impatto sociale non è un esercizio da consulenti: è una bussola per orientarsi in un mondo complesso, dove le risorse sono poche e i bisogni sono tanti.
E se davvero vogliamo cambiare le cose, iniziamo da qui: da ciò che cambia davvero.