Innovazione, alleanze e nuove sfide etiche: il racconto dell’evento AssifNext, dove il Terzo Settore si è guardato allo specchio… per cambiare davvero.
Cosa succede quando un’intera comunità professionale si ferma per celebrare il passato e, nello stesso tempo, si mette in discussione per ripensare il futuro? Succede AssifNext. Una due giorni intensa, partecipata, e soprattutto necessaria. Il 9 e 10 maggio, Perugia è diventata il cuore pulsante del fundraising italiano per festeggiare i 25 anni di Assif – Associazione Italiana Fundraiser, ma anche per rilanciare la missione del fundraiser nel Terzo Settore che cambia.
Un anniversario importante, certo. Ma non una celebrazione autoreferenziale. Un laboratorio di futuro, anzi, per una professione che oggi più che mai è chiamata a essere motore di innovazione sociale, presidio di relazioni etiche e competenza trasversale per enti e organizzazioni.
Un nuovo inizio (non solo una festa)
In agenda, non solo festeggiamenti: l’assemblea dei soci ha eletto anche il nuovo Consiglio Direttivo, dopo le dimissioni del presidente Andrea Romboli e di alcuni consiglieri lo scorso autunno. Un passaggio anticipato, affrontato con grande senso di responsabilità da Michela Gaffo – fundraiser di Fondazione Tender to Nave Italia – che ha accompagnato l’associazione fino a questo momento decisivo, promuovendo una partecipazione vera, diffusa, concreta.
AssifNext ha avuto quindi il duplice obiettivo di onorare una storia e inaugurare una nuova stagione, a partire dalle sfide che ci aspettano: transizione digitale, impatto delle tecnologie (AI inclusa), linguaggi più inclusivi, equità contrattuale, nuovi modelli di collaborazione con fondazioni e aziende.
E qui arriva uno dei momenti più significativi dell’evento.
Un Manifesto per un’etica condivisa
Tra gli spunti emersi, uno in particolare ha catalizzato l’attenzione: il Manifesto per un’etica condivisa nei rapporti tra enti non profit, istituzioni e aziende. Un documento – ancora in progress – nato dal basso, con il contributo di diversi soci Assif (tra cui Carlo Mazzini) e già condiviso in forma riservata tra colleghi e colleghe.
Obiettivo? Offrire una base comune – culturale e operativa – per governare le relazioni tra il non profit e il mondo for profit in modo chiaro, trasparente, rispettoso. Una risposta, sì, anche al famoso “pandoro-gate”, ma soprattutto un’opportunità per riaffermare con forza la dignità della nostra professione e la necessità di relazioni sane, allineate ai valori che professiamo ogni giorno.
Nuovo direttivo, nuove energie
Il nuovo Consiglio Direttivo è un mix interessante: ci sono volti nuovi, realtà che non erano mai state rappresentate (come la Croce Rossa), giovani professionisti e consulenti. Tra loro: Federico Petruio, Giulia Barbieri, Alessandro Silipigni, Claudia Costa, Alberto Almagioni, Anna Fabbricotti, Pietro Addis ed Eleonora Spalloni. La prima riunione operativa è fissata per il 23 maggio, quando verranno nominati presidente e vicepresidente.
Il mandato? Chiaro: riportare i soci al centro, aprire spazi di protagonismo e consolidare il lavoro fatto. E soprattutto accompagnare il fundraising verso un futuro più giusto, sostenibile, inclusivo.
Le sfide sul tavolo (e quelle dietro l’angolo)
Cosa attende oggi i fundraiser? Tante domande (giuste), e un’unica certezza: non basta più saper raccogliere fondi. Servono visione strategica, competenze digitali, capacità di lettura del contesto, sensibilità etica. Serve capire come affrontare l’AI, come coinvolgere davvero le nuove generazioni, come dialogare con chi ci sostiene senza perdere coerenza.
E per Assif? Le sfide non sono da meno: costruire alleanze solide nel Terzo Settore, rafforzare il peso politico della professione (anche a livello europeo), sostenere i lavoratori e le lavoratrici del fundraising in tutte le forme in cui operano: dipendenti, freelance, consulenti. E prendersi cura degli ambienti di lavoro, anche dal punto di vista relazionale.
📍 AssifNext non è stata solo una tappa: è un segnale.
Un invito a tutta la community non profit: smettiamo di “navigare a vista”, iniziamo a costruire, con metodo e visione. Perché se è vero che il fundraising è un mestiere tecnico, è ancora più vero che è un lavoro politico, culturale, trasformativo.
E questo tempo – lo vogliamo dire chiaramente – ha bisogno di fundraiser che siano, prima di tutto, changemaker.