Social Network: servono davvero al non profit?

Photo by Merakist on Unsplash

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Spoiler: sì. Ma solo se sai cosa stai facendo.

In tanti nel Terzo Settore se lo chiedono ancora: “Ma i social network servono davvero alla mia organizzazione?”. La risposta breve è questa: sì, servono. Ma non bastano. E non funzionano se li usi male.

I social non sono bacchette magiche, ma strumenti. E come tutti gli strumenti, possono essere potentissimi oppure inutili. Dipende da come li usi, con quale strategia, e – soprattutto – con quali obiettivi.

I numeri non mentono

Nel 2024, il 97% delle ONG italiane ha almeno un profilo social attivo. Ma solo il 18% dichiara di avere un piano editoriale strutturato, e meno del 10% misura regolarmente i risultati in termini di conversioni (donazioni, iscrizioni, partecipazioni a eventi).

Nel frattempo:

  • Su Instagram, crescono le organizzazioni che raccontano il loro impatto con reel autentici e ben montati.

  • LinkedIn diventa il regno dell’employer branding anche nel non profit: chi cerca talenti (e fondi) qui ha una miniera d’oro.

  • TikTok non è più un gioco da ragazzi: le ONG che ci sanno fare raggiungono milioni di visualizzazioni con budget minimi.

Il vero problema: la mancanza di strategia

Molte organizzazioni si affidano ancora al volontario giovane “che ne capisce di social” oppure delegano ad agenzie senza un vero background nel fundraising o nella comunicazione sociale. Il risultato? Tanti post, poche idee. Tanti like, poche donazioni.

La domanda non è: “Devo essere sui social?”.
La domanda giusta è: “Perché ci sono? Cosa voglio ottenere?”

Cosa funziona oggi

  1. Video brevi, emozionanti, autentici.
    La narrazione visiva vince. Sempre. E il formato corto (sotto 60 secondi) è re. Non serve una troupe: basta uno smartphone e una storia potente.

  2. Storytelling orientato all’azione.
    Raccontare va bene, ma raccontare per attivare è meglio. Ogni post dovrebbe avere un obiettivo chiaro: donare, firmare, partecipare.

  3. Investire in advertising.
    Il traffico organico è in calo ovunque. Se non metti neanche 100 euro su una campagna ben targettizzata, è come stampare volantini e buttarli in mare.

  4. Formare il team interno.
    Non è (solo) un tema tecnico. È una questione culturale. Le organizzazioni che investono nella formazione del proprio staff sulla comunicazione digitale crescono più velocemente – in visibilità, in credibilità, in raccolta fondi.

Tre errori da evitare

  1. Parlare solo di sé: ai donatori interessa il problema che risolvi, non quanto sei bravo.

  2. Usare lo stesso contenuto su tutti i canali: ogni social ha le sue regole, i suoi linguaggi.

  3. Non misurare: se non analizzi i risultati, stai solo indovinando.

Conclusione

I social network non sono un’opzione per il Terzo Settore. Sono una necessità. Ma devono essere parte di una strategia più ampia, che mette al centro la relazione con la comunità, l’autenticità del messaggio e la capacità di chiedere in modo chiaro e convincente.

Se vuoi raccogliere fondi, trovare volontari, far parlare di te… allora sì, i social servono eccome.
Ma non improvvisare. Pianifica, testa, misura, migliora.

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