Siamo in un momento di transizione comunicativa, anche per il non profit. E ActionAid l’ha capito benissimo.
Nella sua ultima campagna, infatti, ribalta registro e tecniche di storytelling, per promuovere l’adozione a distanza, indirizzando i propri sforzi comunicativi verso le nuove generazioni. Niente più pianti, volti tristi e bambini con la pancia gonfia. Ma tanti sorrisi.
Il pubblico, ActionAid, lo dichiara apertamente nel titolo della campagna: i “pischelli digitali”. Ma, soprattutto, lo fa attraverso la scelta del testimonial: Cane Secco, ovvero Matteo Bruno, youtuber e videomaker di grande talento (qui il suo canale). Insieme a loro, Fanpage e Slim Dogs, lo studio di produzione video che ha fondato.
Il risultato, secondo noi, è ottimo.
Registro comunicativo
Sto in fissa. Una frase-mantra che compare diverse volte nel video. E non si tratta di un grottesco tentativo dei matusa, di utilizzare lo slang giovanile. Anzi, è il contrario: un marchio che contraddistingue Cane Secco. Ciò lo rende immediatamente riconoscibile agli occhi della sua community (oltre 300mila iscritti al canale, ad esempio). E, di conseguenza, credibile.
Il secondo aspetto che salta subito all’occhio è l’ironia e la leggerezza. Un esempio: la maggior parte del video è in portoghese (siamo in Mozambico), con improbabili sottotitoli in romanesco.
In altre parole: “si può raccontare l’Africa, anche senza essere depressi”.
E’ bene sottolineare, però, che tali prerogative sono accompagnate da una elevata competenza tecnica. Il video è curato sotto ogni aspetto: riprese, inquadrature e scrittura.
Distruzione degli stereotipi
Un testimonial giovane e un registro che piace ai giovani. Ma sono sufficienti per andare a segno nel target? No, infatti ActionAid fa di più: lavora sui contenuti. E lo fa immediatamente.
- Basta con le campagne con “i bambini tristi”. Basta con i messaggi che mirano al senso di colpa, per incentivare le donazioni.
- Non è vero che in Africa non ci sia spazio per la felicità. Le immagini di bambini malnutriti, lasciano spazio a momenti di gioco, scuola e festa. Ovvero, ciò che i ragazzi, in ogni angolo del mondo, dovrebbero vivere.
- Non è vero che l’unici desideri degli adolescenti sono possedere l’iPhone X, mangiare sushi o diventare fashion blogger.
- Si possono trattare argomenti estremamente seri, con un sorriso.
Storytelling
La campagna gira intorno a una ragazzina del Mozambico, Juliana. Lei è più di una semplice protagonista. Le viene data letteralmente in mano la telecamera, per poter raccontare una sua giornata tipo, direttamente con i suoi occhi.
Questo stratagemma consente ad ActionAid, non solo di fare comunicazione in modo differente, ma anche di raccontare i progetti realizzati in Africa. Una strategia non da poco, vista la crescente richiesta di trasparenza da parte dei sostenitori sulla reale destinazione dei fondi delle donazioni. Durante il video, infatti, attraverso gli occhi di Juliana, vediamo una scuola, un ospedale e una pompa dell’acqua.
Parte dello storytelling e di coinvolgimento della community, sono i video che Matteo Bruno ha lanciato tramite il suo canale, immediatamente prima del suo viaggio e subito dopo. Si tratta di video che raccontano il dietro le quinte del suo viaggio, che aggiungono maggiori elementi sulla realtà del Mozambico e creano discussione all’interno della community.
Target
Perché scegliere proprio questo target? Evidentemente, ActionAid ha capito l’importanza della fascia di età 20-29. Si tratta dei nativi digitali, appunto, i quali non vengono più considerati come i potenziali donatori del futuro, ma ànche e soprattutto come ambassador del presente.
I giovani, come categoria, sono spesso presenti nei discorsi programmatici delle organizzazioni non profit. Ma per raggiungerli, non basta inserirli in agenda. Bisogna conoscerli e comunicare come loro.
Altrimenti, il rischio, è questo: