Elodie diventa volontaria alla mensa dei poveri di Milano

 

elodie progetto arca mensa poveriNel fine settimana prima di Natale, Elodie si è presentata in una mensa dei poveri nel centro di Milano, in zona San Babila, indossando la pettorina di Fondazione Progetto Arca. Nessun palco, nessuna iniziativa costruita per i media. Ha servito i pasti, parlato con le persone, condiviso il tempo. Insieme a lei anche alcuni coristi della Scala, coinvolti nella stessa giornata di servizio rivolta alle persone senza dimora.

La notizia ha attirato attenzione perché rompe uno schema ormai prevedibile. Non una donazione annunciata, non un appello pubblico, ma una presenza concreta all’interno di un servizio che opera ogni giorno. Elodie non ha costruito il racconto. È stato il racconto ad arrivare dopo.

Fondazione Progetto Arca è una delle principali realtà italiane impegnate nell’accoglienza e nel sostegno alle persone senza dimora, alle famiglie fragili e ai migranti. Gestisce mense, strutture di accoglienza, servizi di prossimità e interventi di emergenza. Un lavoro continuativo, complesso, che vive grazie a operatori e volontari molto prima delle occasioni simboliche.

È bene dirlo senza retorica. Questo gesto non risolve la povertà e non sostituisce politiche pubbliche adeguate. Ma manda un messaggio chiaro. Il volontariato non è un’idea astratta, è tempo, relazione, presenza fisica. Ed è questo che spesso manca nel modo in cui la solidarietà viene raccontata.

C’è poi un punto che riguarda direttamente il Terzo Settore. Quando una persona famosa sceglie di inserirsi in un servizio esistente, rispettandone il lavoro e la discrezione, il riflettore si sposta dal personaggio all’organizzazione. Non sull’immagine, ma sul bisogno e su chi ogni giorno prova a rispondervi.

Il non profit non ha bisogno di testimonial perfetti. Ha bisogno di alleati credibili. Persone che capiscano che l’impegno sociale non è un gesto occasionale, ma una responsabilità continua. In questa occasione, Elodie ha scelto di esserci senza sovrapporsi. Ed è proprio per questo che vale la pena raccontarlo.

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