Prima regola: conosci il donatore. Intervista a Valerio Melandri

Chi è e cosa fa un fundraiser? Ma soprattutto, chi sono i donatori? Quali strumenti usare per raccogliere fondi?

A queste e altre domande prova a rispondere il Fundraising – Il Manuale più completo per fare raccolta fondi, scritto da Valerio Melandri, fondatore e direttore del Master in Fundraising dell’Università di Bologna.

L’abbiamo intervistato per conoscere meglio i contenuti del libro.

Buongiorno Professore. Quali sono le novità del nuovo libro rispetto al manuale di 5 anni fa?
Ogni 4 o 5 anni cambia il mondo. I manuale predente era incentrato sui metodi per farsi conoscere di più. Il nuovo, invece, è orientato alla conoscenza del donatore: più conosci le persone, più sai come e cosa domandare.
Inoltre viene dato molto più spazio alle piccole organizzazione e gli startupper: è il momento dei nuovi, insomma.

A chi è rivolto?
Ai principianti, per avere un quadro di riferimento e un manuale operativo e pratico. Una sorta di cassetta degli attrezzi da usare ogni volta che si sente il bisogno. Ma anche agli esperti, che possono trovare riferimenti a ricerche moderne sulle motivazioni e le modalità di donazione dei donatori.
Ad esempio, vi sono ricerche neurologiche che dimostrano come cambia la risposta a seconda se la domanda viene posta all’orecchio destro, rispetto a quello sinistro. Oppure se la richiesta avviene in un luogo collocato in alto, con una bella vista, rispetto a una cantina. Può suscitare una risata, ma è dimostrato.
In più ci sono ricerche scientifiche e pratiche sui contenuti delle campagne di fundraising. Ad esempio, quali colori utilizzare? Meglio raccontare una storia felice o una triste? Meglio raccontare la storia di un bambino o di una bambina? Da queste ricerche scaturiscono dei dati, che portano a comportamenti utili per migliorare la nostra raccolta fondi.

Quale direzione sta prendendo il Fundraising in Italia?
Si tratta di un mondo ancora sconosciuto e incompreso. Il fundraiser è spesso visto come un costo e non come una risorsa. Una nostra ricerca ha dimostrato che la prima domanda che pone il donatore è: quanto, della donazione, viene destinato ai costi generali e quanto al progetto?
Se la risposta è 30% non si avrà una donazione. Mentre i feedback positivi aumentano man mano che si scende, fino allo 0%. Questo perché in Italia si ha ancora la pretesa che il lavoro del non profit non debba essere retribuito, confondendo professionalità e volontariato.
Questo approccio, spesso alimentato dai media, ha delle conseguenze. Un manager di una Onp, guadagna un quinto rispetto a un pari grado del mondo profit. Differenza che si assottiglia a livello impiegatizio, ma che rimane: siamo sull’ordine dei due terzi.
Si tratta di un circolo vizioso, che coinvolge anche le organizzazioni, che spesso sono portate a mentire sui propri costi per ottenere risultati. Ma non è sostenibile una organizzazione che investe meno del 20% in costi generali. Anzi, bisognerebbe investire almeno il 35%. E spesso i Cda non se la sentono di investire sulle risorse umane. Così, ci rimette il professionista.

Fundraising Online e offline: qual è il rapporto?
La percentuale di incidenza dei metodi online non è superiore al 5% della raccolta fondi. Il 95% sono metodi offline: principalmente mailing cartaceo. Una recente ricerca di Poste Italiane ha mostrato come vengano inviate circa 150 milioni di lettere per raccogliere fondi. Poi ci sono il face to face, le telefonate, le sponsorizzazioni e gli eventi.
Certo, sono cambiati i contenuti. Difficilmente oggi basta una lettera in bianco e nero con allegato un bollettino. Bisogna puntare sui colori, gift e altri metodi più accattivanti. Ma i metodi offline sono più vivi che mai.
Inoltre, il 75% dei metodi online è costituito dalle email: in pratica, la trasformazione digitale del mailing cartaceo. Nella restante piccola fetta rientrano Facebook, gli altri social media e il crowfunding.
Tuttavia, anche se si tratta di una percentuale bassissima in termini quantitativi, è alta dal punto di vista della visibilità. Inoltre è un mercato pronto a crescere e sul quale è importante esserci e farsi trovare pronti.

Quali saranno i nuovi strumenti?
Con tutta probabilità assisteremo alla smaterializzazione delle organizzazioni. Mi spiego: sempre di più i donatori vogliono avere un filo diretto con gli intermediari.
Il sito Donorchose, negli Stati Uniti, mette in contatto le scuole e i donatori. Presidi e insegnanti fanno la loro richiesta in termini di materiali e attrezzatura, ad esempio, e i donatori contribuiscono all’acquisto. Il tutto con solo l’intermediazione del sito.
Questo meccanismo funziona grazie a Facebook e i social media. L’unico modo per non fare cancellare il mondo non profit è essere presenti sui social media, per intercettare il traffico tra donatore e causa. Le organizzazione dovranno reinventarsi. O cambi o perisci.
Ecco perché assisteremo sempre di più al protagonismo delle piccole associazioni e delle piccole cause.  Spersonalizzazione del marchio. Ieri bastava essere molto conosciuti per attirare le donazioni. Oggi, invece, bisogna conoscere bene il donatore. E le nuove generazioni di donatori saranno completamente disintermediate.

Nuovi strumenti nella raccolta fondi: dove si orientano le organizzazioni più performanti?
Online è ancora l’emailing. Se parliamo del presente è lo strumento più performante.
Ma la vera sfida per il futuro è la creazione di gruppi di persone che ti aiutano a fare raccolta fondi. Donatori che diventano propositori di raccolta fondi. Si tratta di coinvolgere le persone non solo nella donazione, ma anche nella raccolta fondi: è il personal fundraising. Una sorta di ritorno alle vecchie collette di quartiere.
Insomma, il modello Apple. Apple non vende il prodotto, ma è chi lo sta usando che lo vende. La vera forza del fundraising è l’evangelista che parla bene di te. Arriveremo a smettere di chiedere soldi, ma punteremo sulle azioni da parte del donatore. Un esempio? Charity Water: il 50% dei delle donazioni è costituita da regali di compleanno. Un altro sistema che in Italia non è ancora sfruttao è la televisione. La televisione non è morta.

Quanti sono i fundraiser in italia?
Un censimento di 3 anni fa ha identificato 1.200 persone. Ma se si fa una ricerca su Linkedin se ne contano 6 mila. Considerando che non tutti sono sulla piattaforma, e che alcuni indicano un’altra professione, possiamo stimare circa 10 mila professionisti.

C’è ancora margine di crescita di professionisti?
Enorme, al Master di Forlì diplomiamo 40 persone all’anno e abbiamo 80 richieste tutti gli anni. Il 95% trova occupazione in questo campo. Insomma, c’è una grande richiesta. Senza contare che in Italia devono iniziare a impegnarsi nel fundraising ancora enti pubblici come ospedali, università, teatri e musei. Ci sarà sempre più richiesta.

Cosa è cambiato nel fundraising negli ultimi anni?
Una maggiore formazione dei fundraiser. Fino a 10 anni fa si imparava sul campo o si studiava all’estero. Oggi l’Università è entrata in campo con master e corsi di formazione. Inizia a esserci una formazione strutturata sul tema. La figura del fundraiser comincia a essere riconosciuta. Si vede che c’è un mercato in movimento.
Inoltre, la raccolta fondi è cresciuta molto: è un mondo in espansione.

Qualche consiglio per chi ha deciso di intraprendere la carriera di fundraiser?
Non scoraggiarsi. Si guadagna meno rispetto a un collega collega del mondo profit, ma si fa un lavoro appassionante e divertente. E lo si fa per costruire una società migliore.
Iniziare può essere complicato, ma bisogna guardare al futuro e c’è ottimismo. Il capo del fundraising della Oxford University, ad esempio, arriva a guadagnare un milione di dollari. E credo che anche qui in Italia la mentalità sta per cambiare.

E qualche consiglio per chi è già un professionista, ma può sempre migliorare?
Mai smettere di studiare. Parola d’orine: umiltà.
Tornate sui libri, partecipate a conferenze ed eventi e confrontatevi con i colleghi. Può sembrare banale, ma anche attraverso una costante formazione nascono idee brillanti.

Grazie mille per l’intervista Professore e a presto.
Grazie a voi e un saluto a tutti i vostri lettori.


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