
rinviato al 2036 regime iva terzo settore
La proroga al 2036 del regime Iva agevolato per il Terzo Settore chiude una fase di incertezza che durava da anni. La misura, confermata dal Governo e accolta con soddisfazione da reti come Arci e Acli, mette al riparo migliaia di enti da un impatto economico che avrebbe potuto destabilizzare attività sociali essenziali. Non è un dettaglio tecnico, è una decisione politica che incide sulla tenuta del welfare comunitario.
La questione nasce con la riforma del Terzo Settore del 2017, che prevedeva l’entrata in vigore di un nuovo regime Iva in linea con le norme europee. In assenza di un completo allineamento dei decreti attuativi, il legislatore ha mantenuto negli anni un sistema transitorio. Senza questa proroga molti servizi culturali, educativi, sociali e ricreativi avrebbero perso l’esenzione Iva e visto aumentare i costi, con il rischio di scaricarli sulle famiglie o ridurre le attività.
La proroga al 2036 offre finalmente un orizzonte lungo. Non risolve però il nodo strutturale. Prima o poi l’Italia dovrà completare il confronto con Bruxelles per definire un regime stabile e coerente con il quadro europeo. In questo senso gli enti dovranno prepararsi a un futuro in cui il perimetro delle agevolazioni sarà più chiaro, ma probabilmente anche più selettivo. Un settore che oggi regge una parte cruciale del welfare non può dipendere continuamente da deroghe.
Il punto vero è che il Terzo Settore genera valore pubblico. Scuole popolari, centri culturali, circoli sociali, servizi educativi, doposcuola, attività sportive e iniziative di inclusione non sono “optional”. Sono infrastrutture sociali che riducono povertà educativa, solitudine e disuguaglianze. Caricare su questi enti un’imposta piena senza una revisione complessiva del sistema avrebbe avuto conseguenze sproporzionate.
La scelta del Governo evita il collasso di molte realtà, ma deve essere letta come una finestra temporale. Gli enti hanno undici anni per rafforzare la propria sostenibilità economica, migliorare la propria organizzazione interna e sviluppare modelli di gestione più solidi. Chi continuerà a investire in trasparenza, governance, professionalità e digitalizzazione sarà più forte quando il regime definitivo arriverà.
In sintesi si evita una crisi immediata, ma il percorso non è chiuso. Il Terzo Settore non chiede privilegi, chiede regole chiare e stabili che riconoscano il suo ruolo strategico nella società italiana.
