Blockchain e criptovalute nel non profit? Intervista a Davide Menegaldo di Helperbit

Fiducia, trasparenza, tracciabilità. I donatori sono sempre più esigenti e il fundraising di oggi deve sempre di più venire incontro alle loro necessità.

È su questo asse, infatti, che ha deciso di intervenire Helperbit: piattaforma di raccolta fondi che sfrutta le criptovalute e la tecnologia blockchain.

Abbiamo incontrato Davide Menegaldo, Coo di Helperbit, per approfondire l’argomento.

-Buongiorno Davide, puoi parlarci di Helperbit? Da dove nasce l’idea?

Helperbit è una startup nata con l’obiettivo di portare tracciabilità e trasparenza nella beneficenza grazie all’utilizzo di tecnologie innovative come la blockchain.

L’idea nasce dall’insoddisfazione nel vedere che le donazioni, devolute per scopi sociali, non sempre vengano spese in modo corretto ed efficiente. Faccio riferimento in particolare agli scandali che hanno caratterizzato la gestione post emergenza del terremoto a L’Aquila e l’utilizzo dei soldi raccolti tramite SMS solidale che non sono stati destinati ai terremotati, ma ad un Consorzio per il microcredito. Scoprire tale scenario ha portato molti donatori a diffidare ulteriormente della macchina dei soccorsi.

Questo è solo un esempio, in quanto negli anni sono emersi più casi di gravi inefficienze nel Terzo Settore, ed il conseguente drastico calo di fiducia nell’operato degli enti non profit. Oggi molte persone non donano perché non possono conoscere come il proprio contributo venga speso. Risultato: meno donazioni.

Abbiamo quindi sviluppato Helperbit, una piattaforma che permette di donare in criptovaluta alle organizzazioni non profit e di monitorare l’utilizzo dei fondi grazie alla blockchain: un registro elettronico in cui vengono inserite tutte le transazioni effettuate attraverso tale moneta.

Dopo aver completato un programma di accelerazione per startup a Barcellona, a fine 2016, abbiamo avviato un caso di studio con Legambiente, che ha creato la prima raccolta fondi in Bitcoin. L’iniziativa si è svolta in parallelo rispetto alla campagna di fundraising tradizionale ed è andata a beneficio dei giovani imprenditori colpiti dal recente terremoto nel centro Italia.

Con una conferenza alla Camera dei Deputati, a fine 2017 abbiamo lanciato ufficialmente l’intera piattaforma, che oggi è disponibile per tutte le ONG che vogliono innovare la propria raccolta fondi.

-Come cambia il fundraising con le criptovalute?

Le criptovalute non sono solo un innovativo metodo di pagamento, ma portano un vero e proprio cambio di paradigma. La tecnologia blockchain, cuore delle criptovalute, offre una reale disintermediazione: elimina la necessità di fidarsi di enti terzi e garantisce autonomia finanziaria.

Nel mondo del non profit, la blockchain porta ad avere tracciabilità in tempo reale dei flussi economici e maggior efficienza rispetto ai canali tradizionali di pagamento: nessun costo di gestione e minori commissioni. È possibile inviare denaro in qualsiasi parte del mondo senza nessuna barriera geografica, con costi e tempi ridotti.

Davide Menegaldo Helperbit-Quali sono le criptovalute che utilizza il sito?

Helperbit offre la possibilità di donare utilizzando 20 criptovalute (Bitcoin, Ethereum e Litecoin sono le più famose). Grazie all’integrazione del servizio di cambio Flyp.me, tutte le monete vengono convertite in Bitcoin ed i beneficiari hanno il vantaggio di gestire quest’unica criptovaluta.

Anche i servizi di notarizzazione, cioè di inserimento di prove di spesa all’interno delle transazioni, avvengono sulla blockchain di Bitcoin.

Abbiamo inoltre integrato un servizio che permette di donare con carta di credito, debito o prepagata e di far arrivare al beneficiario l’equivalente in Bitcoin, potendo così monitorare sulla blockchain l’avvenuta transazione e la conseguente spesa.

-Quali organizzazioni hanno aderito al progetto e che ruolo hanno?

Il focus iniziale di Helperbit erano le raccolte fondi a seguito di calamità naturali e la prima organizzazione ad abbracciare il nostro progetto è stata Legambiente, con la campagna di ricostruzione post terremoto nell’Italia centrale.

In seguito, abbiamo valutato che l’approccio di trasparenza e l’adozione di questo nuovo metodo di pagamento poteva essere esteso a tutto il Terzo settore. Si sono quindi aggiunte organizzazioni che si occupano di disabilità infantile, come La Casa di Sabbia Onlus; difesa dei diritti delle donne nei Paesi in via di sviluppo, come Emergenza Sorrisi Onlus, e soccorso ai migranti, come Comitato Collaborazione Medica.

Al momento sono attive 11 raccolte fondi: le campagne solidali sono direttamente gestite dalle organizzazioni non profit, che hanno piena autonomia operativa.

-Come funziona il tracciamento del flusso delle donazioni?

L’organizzazione che riceve donazioni in criptovaluta può scegliere se convertire nuovamente in valuta locale oppure utilizzare direttamente Bitcoin.

Nel primo caso si ha solo tracciabilità in ingresso, sapendo esattamente il volume delle donazioni, ma non come sono state spese. Nella seconda soluzione il monitoraggio è costante: ogni transazione in uscita è registrata nella blockchain, pubblicamente accessibile da chiunque, ed è collegata ad un documento di spesa che è stato inserito al momento dell’acquisto.

Ciò offre al donatore tutte le informazioni per valutare l’operato dell’organizzazione non profit. E anche l’impatto del suo contributo.

-Che impulso possono dare le criptovalute allo sviluppo del Terzo settore?

Il legame tra donatore ed ONG non è più solo basato sullo storytelling, che comunque rimane un aspetto importante, ma la comunità di donatori può stabilire un rapporto molto più profondo di quello attuale, con una crescente fiducia negli enti del terzo Settore e al conseguente aumento di donazioni.

In alcuni Stati i principali problemi sono legati alla mancanza di infrastrutture bancarie e di indipendenza finanziaria. Grazie alle criptovalute, è possibile spostare denaro in poco tempo. Si tratta, ad esempio, di una possibile alternativa, alle raccolte fondi tramite Sms, spesso lanciate per la ricostruzione post calamità naturale, dove il tempismo di utilizzo dei fondi è un parametro fondamentale. La spinta nel Terzo Settore quindi può essere nel campo tecnologico a supporto dell’ operatività, ma anche economico.

-L’Italia è pronta? Quali sono le principali differenze con l’estero?

In Italia l’adozione di criptovalute è un percorso complicato, principalmente affidato alle mani di startup virtuose. I media non hanno agevolato la diffusione di questa tecnologia e si è creata diffidenza nell’adozione di innovazioni non legittimate dalla stampa.

L’incertezza normativa è il principale deterrente all’uso su larga scala delle criptovalute, mentre gioca un ruolo importante anche la barriera linguistica, poichè per molti anni il materiale informativo era reperibile solo in inglese. La mancata agevolazione statale è l’aspetto che ha maggiormente causato un divario tra l’Italia e Paesi all’avanguardia in questo settore (definiti blockchain friendly), come Giappone, Svizzera ed Estonia.

-A questo proposito, come valuti l’attenzione recente di media e operatori finanziari, intorno alle criptovalute?

Per molti anni i media hanno fatto campagne mediatiche contro le criptovalute, al pari di quelle fatte negli anni ‘90 contro l’avvento di internet. Siamo ancora nella fase di ostruzione. Inoltre, oggi si tende a differenziare le criptovalute dalla blockchain, additando al primo di essere lo strumento utilizzato principalmente per fini illeciti e il secondo come vera innovazione.

Ritengo che questa visione sia sbagliata, poiché le due entità coesistono e dividerle significa snaturare sia la tecnologia che tutti i principi su cui si basano. Privatizzare la blockchain, scelta condivisa da regolatori e operatori finanziari, si tramuterebbe in una mera operazione di marketing, rendendo tiepida la sua spinta rivoluzionaria.

-C’è chi definisce le criptovalute una bolla finanziaria, cosa risponderesti agli scettici?

Le criptovalute hanno rimesso in discussione i concetti di asset e moneta, portando cambiamenti radicali in molti aspetti della società: tecnologico, economico, sociale. Hanno dimostrato che è possibile ribaltare status secolari e ci portano anche a ridefinire i ruoli di istituzioni che ritenevamo inattaccabili, come banche e assicurazioni.

Dal punto di vista economico le criptovalute capitalizzano ad oggi circa 400 miliardi di euro, un numero insignificante se comparato al mercato dei derivati o al settore immobiliare. È quindi un mercato facilmente manipolabile ed è per questo che è caratterizzato da repentini cambi di andamento, con crescite e decrescite di valore molto più rapide rispetto agli asset tradizionali. Quindi, siamo molto lontani da quella che è definibile come una bolla finanziaria.

-Quali conoscenze dovranno recepire le charity per rispondere a tale trend per lo stato dei pagamenti?

La maggior diffidenza oggi arriva dal dipartimento amministrativo, che si trova di fronte ad una sfida che non sa come gestire e preventivamente blocca l’adozione di questo metodo di pagamento. Pur non essendoci una normativa dedicata, è già possibile operare anche con criptovalute senza avere ripercussioni contabili.

Le criptovalute sono uno strumento trasversale, in quanto non strettamente relegate solamente all’aspetto economico, ma toccano anche il campo dell’informatica e della comunicazione. Per un’organizzazione che si avvicina a questo nuovo ambiente è quindi importante che il know how sia trasmesso non solo al reparto amministrazione, ma che anche la sezione IT, marketing e customer care siano adeguatamente formati.

-Secondo te, le organizzazioni sono pronte a recepire l’approccio del 100% trasparenza sulle donazioni?

HelperbitOggi l’opacità è in parte necessaria per poter acquisire un donatore, che difficilmente donerà sapendo che quel denaro servirà per pagare stipendi o servizi necessari per la realizzazione di un progetto solidale, ma pretende che il suo contributo abbia un impatto fisico, come l’acquisto di un bene. Serve quindi cambiare il modo di interagire con i propri donatori ed un notevole lavoro comunicativo per costruire un legame molto più forte con gli stakeholders.

È ancora prematuro un approccio diretto al 100% trasparenza, ma è il momento giusto di intraprendere questa strada, passo dopo passo. Accettando le criptovalute si fornisce contabilità automatica sulle donazioni ricevute, che in una prima fase possono essere cambiate in valuta locale per agevolarne la spendibilità e risolvere il problema della volatilità. Nel frattempo anche l’ecosistema continua la sua crescita. E, un domani, le organizzazioni avranno tutti gli strumenti per offrire totale trasparenza dei propri flussi economici.

Le organizzazioni più virtuose e propense alle novità sono quelle che avranno i maggiori benefici in termini di visibilità e miglior posizionamento sul mercato, mentre a quelle più restie ad innovarsi risulterà essere uno sforzo richiesto dal settore.

-Come credi dovrà cambiare la comunicazione verso i donatori?

Ad oggi l’innovazione e la trasparenza sono un plus nella strategia comunicativa di una non profit, che sfrutta questi elementi per distinguersi,

Qualora l’utilizzo della tecnologia blockchain per portare trasparenza in tempo reale diventi uno standard, significherebbe che tale esigenza scaturisce proprio dai donatori. In particolare i millennials, veri nativi digitali, che già oggi pretendono un passo verso questa direzione. La comunicazione dovrà quindi ammodernarsi e sfruttare i più popolari canali digitali per essere più vicina anche alle nuove generazioni.

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