Change.org: la rivoluzione web nel modo di fare campaigning

Intervistiamo Elisa Finocchiaro responsabile campagne di Change: piattaforma internazionale che permette di lanciare petizioni e produrre un cambiamento nella società.

Come nasce Change?
Change.org è nata in California, nella culla delle startup e delle grandi web companies come Google e Facebook.
Fondata nel 2007 da Ben Rattray, una delle 100 persone più influenti al mondo secondo TIME Magazine, Change.org ha ricevuto il Webby Award come miglior sito di attivismo on-line al mondo.

 

Qualsiasi persona può lanciare una petizione?
Assolutamente sì. Anche le organizzazioni possono lanciare una petizione. Abbiamo già avuto petizioni sul nostro sito lanciate da Save the Children, Action Aid, Wwf, Oxfam ecc.

 

Come è possibile promuoverla al meglio?
Raccontando la propria storia innanzitutto. Non tutte le persone sono interessate alle cause sociali, ma tutti amano ascoltare una storia. Bisogna pensare in piccolo per poter pensare in grande, cioè chiedere quel piccolo cambiamento che rende evidente il problema più grande. Non bisogna essere formali e pesanti ma usare un linguaggio semplice ed immediato. Poi bisogna attivarsi con i propri canali di comunicazione sul web.
Change.org offre inoltre la possibilità di scrivere ai propri firmatari e chiedere loro di attivarsi a loro volta con i loro canali social per diffondere il più possibile la petizione.
È necessario trovare il giusto destinatario per la propria petizione, pensare bene a chi sia la persona che ha veramente il potere di risolvere il problema realisticamente raggiungibile che ti sta a cuore.
Se vuoi davvero vincere la tua campagna, devi costantemente mostrare al tuo target che tu e i tuoi sostenitori aspettate una risposta: un “bombardamento Twitter”, o una consegna di firme in persona, o quotidiane e costanti telefonate.
Infine bisogna sempre comunicare l’entusiasmo e gli sviluppi della campagna ai sostenitori, fino alla vittoria, se questa dovesse sopraggiungere.

 

Parliamo di numeri: qual è l’obbiettivo che ne determina il successo?
Il successo è molto semplice da misurare e non servono numeri. Si misura col raggiungimento dell’obiettivo che richiede la petizione. Questa vittoria può sopraggiungere in qualsiasi momento e non conta il numero di fime – che comunque nel nostro caso non hanno valore legale – bensì conta la pressione pubblica e mediatica che si riesce ad esercitare attraverso la petizione su chi effettivamente può prendere delle decisioni in merito a quel cambiamento richiesto.

 

Qual è stata la petizione che ha avuto maggior impatto: la pressione esercitata porta ad un cambiamento?
Dipende da molte cose. Più una petizione funziona e raccoglie firme più possibilità ci sono che giri sul web ed esca sui media e dunque venga considerata dal target. Quindi certamente a volte la pressione esercitata porta ad un cambiamento.
Ma credo che il maggiore o minore impatto sia soggettivo. C’è chi trova più importante una causa ambientale e quindi apprezza una vittoria come la sospensione in Europa dei pesticidi neo-nicotinoidi.
Mario Borghezio, Euro-parlamentare della Lega Nord è stato espulso dal gruppo EFD del Parlamento Europeo grazie ad una petizione su Change.org nata in seguito alle dichiarazioni offensive contro il Ministro per l’Integrazione Kyenge, e sicuramente questo cambiamento avvenuto in poco tempo con una tonnellata di firme e di uscite media può definirsi importante. Ma c’è chi è più affezionato alla piccola vittoria della scuola in cui vengono effettuati i lavori di restauro o chi è contento che venga data la cittadinanza ai senegalesi della sparatoria di Firenze. Tutto dipende dalla passione e dall’affezione, quello che facciamo ha una grande componente soggetiva ed emotiva.
Comunque Change.org è in 18 Paesi e la petizione con maggiore impatto va valutata anche in base a questo. Abbiamo ad esempio fatto delle campagne unendo le forze dei vari Paesi ed in questo modo ad esempio siamo riusciti a candidare Malala Yousafsai al Nobel per la Pace.

 

Il team di Change.org in Italia. Da sinistra: Sergio Cecchini, Salvatore Barbera e Elisa Finocchiaro.

Il team di Change .org in Italia. Da sinistra: Sergio Cecchini, Salvatore Barbera e Elisa Finocchiaro.

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